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Sono nato a Villa del Conte (provincia di Padova) l'8 gennaio 1949.
Mi dicono che sono un Capricorno spaccato ma l'astrologia non è fra i miei interessi.
Ho vissuto in campagna per qualche anno, poi la famiglia (i genitori + tre sorelle) s'è trasferita a Padova e lì ho vissuto fino a 25 anni.
Gli anni del Liceo e dell'Università sono stati i più belli: vivaci, trasgressivi, creativi.
In effetti studiavo poco (mi sono laureato in Lettere - con una tesi sul cinema dell'orrore in Italia - con vent'anni di ritardo!); in compenso fotografavo, filmavo, andavo al cinema e ascoltavo musica . Tantissimo.
Volevo fare il regista e lo sono diventato.
Lo sono ancora e non so che altro potrei fare oltre a questo mestiere.
Dal '74 abito a Roma con Marisa Andalò, compagna del liceo e poi mia moglie. Insieme a lei ho scritto la sceneggiatura di "Solamente nero", "Barcamenandoci"e molto altro: soggetti cinematografici, testi per documentari, proposte di fiction, spot pubblicitari.

Molto è stato realizzato, moltissimo no. Insieme a lei ho sognato di fare qualcosa d'importante, o significativo, bello, utile (chiamatelo come vi pare!) per il cinema e questo sogno è sempre lì, un po' sbiadito come una vecchia foto ma sempre inesauribile risorsa.
Nel 2004 abbiamo finito di scrivere una sceneggiatura per un noir e "sento" che questo film lo voglio fare. E lo farò, in un modo o nell'altro.
Adesso, per chi volesse saperne di più su di me, ho pensato di racchiudere ricordi, aneddoti, notizie e quant'altro in paragrafi dai titoli "illuminanti", per me che sto giocando a scrivere un pò della mia storia, e per voi che avrete la pazienza e la voglia di leggerla.

 
La prima volta che…
 

La prima volta che… mi sono accorto di essere venuto al mondo per guardarlo attraverso una cinepresa è stata quando, a sei anni, mi sono fatto regalare dalla Befana un proiettore 35 mm a manovella. Andavo a prendere dei pezzi di pellicola al macero e li proiettavo ininterrottamente sul muro della mia camera.

La prima volta che… ho avuto il desiderio di raccontare delle storie con la cinepresa è stata quando, avevo meno di dieci anni, ho cominciato a frequentare la cabina del proiezionista del cinema parrocchiale. La pellicola, le bobine giganti, l'arco voltaico… Sì, quella cabina paesana di proiezione è stato il mio Paese delle meraviglie. E poi il proiezionista mi faceva entrare gratis al cinema!

La prima volta che… mi sono sentito grande è stata quando, a tredici anni, ho falsificato la firma di mia madre sull'unica cambiale della mia vita. All'epoca avrei fatto di tutto per comprarmi una cinepresa e dato che in famiglia nessuno s'interessava di cinema mi sono arrangiato! Io abitavo ancora a Padova, ho visto sul giornale la pubblicità di una cinepresa che si poteva acquistare a rate e per corrispondenza da Roma. E senza pensarci tanto su l'ho ordinata. Tutto qui. Ancora oggi mia madre, che ha 94 anni, non sa di quella falsificazione!

La prima volta che… ho girato un mio cortometraggio sonoro a soggetto tratto dal Tom Sawyer di Mark Twain (protagonisti coetanei e parenti) è stata subito dopo aver acquistato la cinepresa a rate. In quell'occasione mi sono fatto il primo nemico: uno dei piccoli attori sulla testa del quale, in nome di un sadico realismo cinematografico, ho versato un intero barattolo di vernice fresca!

La prima volta che… ho capito di aver fatto qualcosa di importante per me e per gli altri è stata quando a 18 anni ho girato il mio primo film "sperimentale" in 8mm. S'intitolava "Dimensioni" (durata ben 80') ed ha vinto il premio per la migliore opera prima alla rassegna di Montecatini, l'equivalente negli anni settanta di un festival di corti di oggi. Allora però Montecatini era l'unico in Italia, o quasi.

 
Méntori - I nostri maestri.
 

Méntore era il tutore di Telemaco e Ulisse gli affidò il figlio prima di partire per la guerra di Troia.
Paganini è stato il primo mentore. Niccolò, il violinista virtuoso e romantico, geniale e nevrotico, ha occupato gran parte della mia giovinezza e della vita adulta: ho ascoltato la sua musica, collezionato dischi e poi cd, letto libri e saggi… Mi piacevano il suo amore per la tecnica e il desiderio di sperimentare.
Tutto questo misto a una spiccata sensibilità ottocentesca, a una salute fragile ed a una visione della vita passionale, pessimistica e molto misteriosa.
Mi ci sono identificato per molto tempo, soprattutto per quella curiosità a volte febbrile verso le possibilità del mezzo attraverso cui esprimersi (per lui era il violino, per me la cinepresa).
E l'ho idealmente ringraziato girando due filmati su alcuni suoi celebri brani: "Moto perpetuo" e "Capricci". Due videoclip antelitteram montati in macchina e assolutamente visionari.
Poi sono venuti Godard, Iancso, Hitchcock, Sergio Leone, Spielberg
…e per un certo periodo il regista Giuseppe Ferrara. Dopo aver visto i miei film sperimentali ha creduto in me che ero ancora un ragazzo e mi ha fatto lavorare con lui, come operatore nei documentari (con "La città del malessere" abbiamo vinto il Nastro d'Argento) e come aiuto regista in "Faccia di spia".
Diceva che ero il Dreyer del passo ridotto. Esagerava, come d'abitudine, ma ha avuto fiducia. Mi ha insegnato molto, eppure, come accade anche con i maestri più amati, in una Roma sempre più caotica ci siamo persi di vista

 
Apici, ovvero le esperienze di intensità assoluta.
 

Momenti "vetta", assolutamente felici o assolutamente drammatici.. Come quella volta che al festival di Montecatini "Alieno da", il mio secondo film sperimentale, ha vinto il primo premio e mi ha confermato che quella era la mia strada. Avevo appena vent'anni.
O quella volta che, alla prima de "Il gatto dagli occhi di giada" al cinema Fiamma di Roma, gremito di spettatori (paganti!), il sonoro - un Dies irae di Verdi accuratamente e motivatamente scelto - se n'è andato quasi del tutto proprio durante l'omicidio del vecchio usuraio. Da ulcera perforante.
O la gioia di quando a Milano Maurizio Porro mi ha presentato a Lattuada dicendogli che ero il regista di "Solamente Nero", un bellissimo giallo d'autore. (Il termine "autore" mi solleticava ancora parecchio!)
E poi ci sono dei momenti privatissimi, quasi sempre "gustati" insieme a Marisa: ascoltando musica, suonando e cantando, veleggiando tra le isole greche.

 
Passaggi, ovvero le svolte, i cambiamenti…
 

Sono cambiato quando ho capito che intestardirsi a voler essere "autori" nel senso impegnato e intellettualistico del termine significava aver capito poco di me. A me piaceva raccontare storie in un certo modo (azione e suspense, per es.) e non dovevano essere per forza storie"mie".
Certo, non sono votato alla commedia e al realismo minimalista (non a caso Barcamenandoci e Mak P 100 sono i miei film che amo di meno, sebbene quest'ultimo sia stato un "mito" per il pubblico giovane della Tv degli anni '80); per questo con un po' (molto) di ritardo ho capito che il film di genere (thriller, giallo, noir, fantastico) è quello che fa per me. Blue tornado in questo senso ha segnato un passaggio e un ritorno.

 
Sguardi dall'alto
 

Guardando dall'alto la mia vita posso immaginare che sotto ci sia il mare interrotto da fari, isole e arcipelaghi ed io sto navigando talvolta più lentamente, a vela, talvolta a motore, con degli scatti improvvisi; oppure una terra smisurata sulla quale è disegnato un binario ininterrotto e un treno che vi corre sopra. Io sono il macchinista ma qualche volta mi lascio portare dal pilota automatico e allora attraverso città che non vorrei e mi fermo in stazioni noiose e deserte.
Le isole sono i miei cinque film per il cinema, i fari i film e i "corti" (allora non si chiamavano così) girati da giovane, gli arcipelaghi i documentari e gli spot (non so neppure più quanti sono); la lentezza della vela il modo pigro con cui mi sono rifiutato alla mondanità dell'apparenza ma nello stesso tempo ho ceduto alla comodità, al certo dei documentari invece che all'incerto della fiction; gli scatti sono i momenti in cui sono stato consapevole che dovevo darmi da fare per tornare al cinema; oggi , novembre 2004, sono in uno di questi momenti, ho innescato il turbo; il pilota automatico in realtà l'ho messo in azione poche volte, perché niente nella mia vita mi è venuto dagli altri e nessuno mi ha condotto per mano ed ha agevolato la mia carriera. Ogni film e lavoro realizzati sono stati una conquista. Tale sarà anche il prossimo.

 
Che cosa avrei voluto fare.
 

Avrei voluto girare film come Ben Hur o C'era una volta in America o Apocalypse Now ! Da piccolo mi sono ingozzato di film d'avventura, western, guerra e tutto sommato quello è il genere che mi sarebbe piaciuto attraversare: film d'azione altamente spettacolari ma intelligenti. Siccome in Italia sono produttivamente improponibili e dunque irrealizzabili, ho trovato comunque un modo per mettere in pratica in parte e in totale autonomia le mie aspirazioni e capacità professionali. Infatti…â

 
Che cosa ho fatto e faccio.
 

à…Nel 1973, mentre sto facendo il servizio militare al centro cinematografico del Ministero della Difesa, realizzo un medio-metraggio (50') dal titolo "Ventiquattro Mesi", che vince il primo premio alla rassegna internazionale dei documentari sulle specializzazioni tecniche delle forze armate (Mifed '74). Da allora ho iniziato un'assidua collaborazione soprattutto con Aeronautica e Marina che mi ha portato a realizzare "in piccolo" dei "grandi" film spettacolari con mezzi imponenti. Ho diretto e coordinato sequenze con centinaia di uomini e mezzi (navi, elicotteri, aerei sommergibili, carri armati), ho volato su jet di ogni tipo, accumulato centinaia di ore di elicottero, navigato in sommergibili a 300 metri di profondità. Una buona parte di queste realizzazioni hanno poco a che fare con il concetto di documentario perché sono concepite come vere e proprie fiction d'azione. E il tutto senza essere a Hollywood.

 
Che cosa farò da "grande"?
Tornare al giallo, imperativo categorico.
 

Sento di essere a una svolta. Vanno bene i documentari, va bene la pubblicità, ma il cinema è un'altra cosa e niente può sostituire la magia di un set cinematografico, di una storia raccontata per il grande schermo. Per questo sono fermamente intenzionato ad impegnare tutte le energie per la realizzazione del giallo-noir "IL TARLO DEL MALE" che ho appena finito di scrivere con Marisa. Si tratta di una storia impegnativa, di vittime e di carnefici, di genitori e di figli, di incomunicabilità e indifferenza. Ed è un film che mi fa tornare la voglia di rimettermi in gioco. Non è facile, considerata la crisi perenne del nostro cinema, ma l'intento è quello di appoggiarmi a una produzione indipendente e girarlo in digitale. Lo scopo ovviamente non è quello di arricchirmi, ma solo ed esclusivamente quello di TORNARE, in un modo o nell'altro, al cinema! Siete d'accordo?
Grazie di essere arrivati alla fine di questa specie di autobiografia e ciao.

 
 
   

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